ma è un grido di rabbia e frustrazione, un senso di incredulità e disprezzo.
Quello che è, indubbiamente, un virus diffuso ormai a livello mondiale, con caratteristiche ancora poco conosciute fino a qualche settimana fa, ma con percentuali indubbiamente piuttosto basse di rischio di morte reale, sta mettendo in ginocchio e distruggendo l’economia italiana, e non solo, tra falsi allarmismi e fake news.
I media, soprattutto italiani, hanno creato il panico e gran parte della gente li ha seguiti, ipnotizzata come i topi col pifferaio magico: supermercati presi d’assalto, persone picchiate solo perché con tratti somatici orientali, scuole chiuse, eventi annullati, coprifuoco nei locali, zone di quarantena come se fossimo di fronte alla peggior peste che il mondo abbia mai conosciuto.
Veneto, Emilia Romagna e Lombardia, che da sole producono più del 30% del PIL nazionale, si sono viste chiudere aziende e attività al pubblico con provvedimenti che sfioravano il ridicolo, così come ridicoli erano le apparizioni in tv di certi personaggi con mascherina. Le misure prese e le indicazioni sono tutt’ora vaghi e inapplicabili e contemporaneamente spaventano e disorientano i clienti. Sono state chiuse le scuole, imposte distanze “di sicurezza” od orari di chiusura, come se davvero la diffusione del virus avesse orari di azione o numeri sotto i quali perde di intensità. L’assurdità di certe scelte o decisioni a livello di amministrazioni la pagheranno le aziende, i lavoratori, le famiglie…
Si sono fermati tanti dei vari campionati sportivi anche di livello internazionale. A Ginevra sono stati annullati grandi eventi come il Salone internazionale dell’alta orologeria e il Salone dell’auto a soli pochi giorni dall’apertura. E’ stato rinviato il ProWein a Dusseldorf e il Salone del mobile di Milano, cancellata l’edizione 2020 del Festival Internazionale del Giornalismo… Chiuso il Teatro alla Scala di Milano, i musei, annullati concerti, il carnevale di Venezia, di Ivrea. I cinema sono vuoti. Gli hotels hanno perso percentuali esorbitanti di prenotazioni. I ristoranti, quelli aperti, mezzi vuoti.
Riduzioni importanti, senza precedenti, per quel che riguarda tratte aeree sia in entrata che in uscita, e scomparsa di turisti e studenti, con la chiusura attuale dei principali atenei del nord Italia, stanno mettendo in seria crisi varie categorie commerciali, come ad esempio gli alberghi, i quali – in città come ad esempio Bologna – sono vuoti. Alcuni hanno già chiuso, altri chiuderanno presto se la situazione continua così…forse per non riaprire più.
Anche il settore agroalimentare rischia il collasso, sia per condizioni climatiche anomale, che possono compromettere seriamente i raccolti e le produzioni estive, sia per l’eventuale difficoltà a reperire manodopera (soprattutto straniera) nelle aziende agricole, sia per una contrazione dell’export per quanto riguarda il Made in Italy, soprattutto con la Cina ma non solo.
Tutti però in Italia si sono immedesimati nel ruolo di esperti epidemiologi, anche la cara Barbara D’Urso che, da brava maestrina, ci ha insegnato come lavarsi bene le mani. E tutti a fare incetta di gel igienizzanti (con tanto di video sui social che spiegavano come farselo da sé) e mascherine. Tutti a ironizzare e a sminuire (a volte me compresa, lo ammetto ma solo perché la ritenevo una situazione passeggera), tutti a volersi riappropriare della “propria normalità” come se fosse l’unico modo per esorcizzare il problema o dargli poca importanza…
…ma il problema c’è e non si chiama più Coronavirus.
Si chiama crisi economica, che il Covid-19 rischia di far esplodere. Una crisi latente in alcuni settori, ingigantita ora da un Made in Italy spesso scricchiolante. Già perché pare che, se la situazione non si risolleverà entro l’anno, il 10% delle aziende italiane falliranno, per non parlare delle piccole aziende, messe già duramente alla prova da queste prime settimane di chiusura della propria attività.
Si parla di “zona rossa sanitaria”, ma è giustamente anche stata sottolineata l’esistenza di una “zona rossa economica”. E’ indubbio, infatti, che tutti quei settori economici, fondati sulla piccola e media impresa, creati da singole persone o famiglie che hanno progettato, investito e costruito il proprio futuro, rischiano ora di collassare, di perdere incassi nell’immediato e fiducia nel futuro. Rischiano di perdere anni vissuti a tessere una propria rete di contatti, di progetti e di investimenti.
Ho sempre fatto le mie scelte con grande entusiasmo e fiducia nel futuro, con la voglia di realizzare pian piano tutti i vari sogni nel cassetto. Forse si tratta solo di un momento, di una situazione passeggerà, la quale, seppur molto preoccupante, si risolverà, come si sono risolti tanti altri problemi, ma mi fa male vedere quanto tutta questa incertezza potrebbe distruggere ciò che tanti amici hanno costruito, ciò che tante aziende e famiglie hanno faticosamente realizzato.
Non sono mai stata poi una complottista. Forse ingenuamente credevo che certe cose accadessero per caso…ma ora, come non pensare che ci sia qualcuno dietro a questa diffusione sconsiderata di allarmismo? Davvero nessuno ci sta traendo vantaggio da tutto ciò? Come si suol dire, “ai posteri l’ardua sentenza”…nel frattempo però, giusto per fare un esempio banale ma anche ben documentabile, i guadagni delle aziende farmaceutiche quotate in Borsa, che stanno lavorando al vaccino, sono schizzati alle stelle.
Non è questo il mondo che vorrei. Non ci meritiamo di essere presi per il culo (scusate il francesismo).